venerdì 20 aprile 2007

Come avete affrontato il problema dei rifiuti speciali in AD?

Vi riporto di seguito un articolo che è sulla rivista scaricabile dal link: www.coloplast.it/ecompany/ITMed/Homepage.nsf/0/fdd40aaa7ac0230fc1256b5f004de25c/$FILE/Helios%202002%20N.%203-4.pdf (pazientate a scaricare!! ci vuole un pò, ma sono interessanti anche i diagrammi di flusso acclusi all'articolo)

Oggetto: Gestione rifiuti speciali per i servizi sanitari domiciliari (Luigino Schiavon - Infermiere assistenza domiciliare, Azienda U.L.S.S. N. 10 Veneto Orientale - Collegio IPASVI - Provincia di Venezia - Consigliere Referente)

Il potenziamento dei servizi di assistenza domiciliare infermieristica ha portato ad evidenziare l’assenza di indicazioni operative chiare e certe relative alla gestione dei rifiuti. Pur in presenza di un sistema normativo esso non veniva recepito o le indicazioni che ne scaturivano non erano portate a conoscenza degli operatori interessati. Il problema è stato sollevato ripetutamente e da fonti diverse, ottenendo da parte degli enti interessati risposte non sempre univoche. Il riferimento normativo cui gli operatori sanitari debbono attenersi è rappresentato dal Decreto 26 giugno 2000, n. 219. Il medesimo decreto contiene le norme sulla raccolta, il trattamento e lo
smaltimento dei rifiuti speciali che riguardano più specificamente le strutture sanitarie. Da una attenta lettura emerge il fatto che l’operatore sanitario si assume una responsabilità personale e
oggettiva nella gestione, non solo dell’intervento professionale, ma anche dell’allontanamento dei rifiuti speciali dal domicilio del cliente. Il Decreto 26 giugno 2000, n. 219, “Regolamento recante la disciplina per la gestione dei rifiuti sanitari, ai sensi dell’art. 45 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22”, stabilisce infatti che i rifiuti sanitari prodotti dal personale sanitario (quindi non solo il personale infermieristico ma tutti gli operatori sanitari) all’esterno delle strutture, sia pubbliche che private, siano considerati come fossero prodotti all’interno della struttura stessa. Il conferimento del rifiuto dal luogo di produzione alla struttura sanitaria avviene “sotto la responsabilità dell’operatore sanitario che ha fornito la prestazione” (art. 4, comma 2). Per quanto concerne il trasporto dei rifiuti l’art. 8 comma 1, recita: “... devono essere effettuati utilizzando apposito imballaggio a perdere, anche flessibile, recante la scritta ‘rifiuti sanitari
pericolosi a rischio infettivo’' e simbolo del rischio biologico o, se si tratta di rifiuti taglienti e pungenti, apposito imballaggio rigido a perdere recante la scritta: ‘rifiuti sanitari pericolosi a
rischio infettivo taglienti e pungenti’, contenuti entrambi nel secondo imballaggio rigido esterno,
eventualmente riutilizzabile previa idonea disinfezione ad ogni ciclo d’uso, e recante la scritta ‘rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo’ ”. Nel medesimo articolo, al comma 2 si dice: “gli imballaggi esterni di cui al comma 1 devono avere caratteristiche adeguate a resistere agli urti ed alle sollecitazioni provocate durante la loro movimentazione e trasporto, e devono essere
realizzati in un colore idoneo a distinguerlo da altri imballaggi utilizzati per il conferimento degli altri rifiuti”. Già in questi primi enunciati il decreto chiarisce le metodologie da adottare, riportando all’allegato I le tipologie di rifiuti sanitari e la loro classificazione, stabilendo con precisione i rifiuti da classificare comunque come a “rischio infettivo”. È possibile riassumere i concetti contenuti nel decreto indicando che i rifiuti prodotti a domicilio debbano essere asportati a cura dell’operatore sanitario; qualora si tratti di rifiuti “taglienti o pungenti” come aghi, lame di bisturi ecc. essi vanno riposti, senza re-incappucciarli, all’interno del contenitore rigido che risponde al modello attualmente in uso in alcuni servizi di assistenza domiciliare; i rifiuti provenienti da medicazione vanno invece riposti in un contenitore, “anche flessibile” (un sacchetto di plastica non traspirante con evidente la dicitura ed il simbolo di rifiuto pericoloso a
rischio infettivo). Per quanto riguarda il trasporto vero e proprio la L. 426 del 9 dicembre 1998
all’art. 1, comma 4 stabilisce il non obbligo alla tenuta del formulario di identificazione; il mezzo non deve pertanto avere l’autorizzazione al trasporto dei rifiuti purché “non eccedano la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore stesso”.
Per le modalità di trasporto si fa riferimento alla circolare del Ministero dalla Sanità n. 16 del 20 luglio 1994 avente per oggetto la spedizione di materiali biologici e deperibili e potenzialmente
infetti. In questa viene stabilito l’uso del “doppio contenitore”, il primo contenitore per i rifiuti ed il secondo, rigido, per garantire la sicurezza dell’operatore. L’applicazione delle norme citate impone evidentemente una modificazione dei modelli organizzativi dei servizi sanitari territoriali che tenga conto della nuova normativa e la necessità di individuare procedure operative coerenti con i dettati delle norme stesse. Per quanto attiene la attività di prelievi domiciliari l’operatore
dovrebbe dotarsi di contenitore per taglienti e pungenti da collocare all’interno della borsa e depositarlo, una volta pieno, nel centro di raccolta. È appena il caso di ricordare che l’uso di metodologie di prelievo mediante il sistema con provette sotto vuoto permette di ridurre al minimo i rifiuti e di avere maggior sicurezza riponendo l’ago e l’holder (camicia) all’interno
del contenitore. Il Decreto del Ministero della Sanità del 28/09/1990: “Norme di protezione dal contagio professionale da HIV nelle strutture sanitarie ed assistenziali pubbliche e private” all’art. 2 recita infatti: “L’eliminazione degli aghi e degli altri oggetti taglienti utilizzati nei confronti di qualsiasi paziente deve avvenire con cautele idonee ad evitare punture o tagli accidentali. In particolare gli aghi, le lame dei bisturi e gli altri strumenti acuminati o taglienti monouso non debbono essere rimossi dalle siringhe o da altri supporti né in alcun caso manipolati o reincapucciati, ma riposti per l’eliminazione in appositi contenitori resistenti alla puntura”. Possono naturalmente esservi condizioni soggettive del cliente che consiglino l’uso
dell’ago epicranico (butterfly): in questo caso devono essere gettati nel contenitore l’ago epicranico, il raccordo adattatore e l’holder. È sconsigliato invece l’uso della siringa. I campioni biologici vanno riposti all’interno di un contenitore rigido e provvisto di fondo assorbente, contenuto all’interno della borsa in dotazione in una sezione staccata dagli altri materiali. Per quanto riguarda i rifiuti provenienti da medicazioni è prioritario distinguere tra rifiuto speciale e rifiuto conferibile come rifiuto solido urbano nel normale sistema di raccolta. Gli imballaggi e
le confezioni vuote di garze, di siringhe, i contenitori di pomate, di cateteri o altri devono essere lasciati al domicilio per lo smaltimento, a cura della famiglia, come rifiuto solido urbano a seconda del tipo di raccolta effettuato nel comune di residenza del cliente. Cateteri, deflussori, guanti, garze, tamponi, bende, cerotti, maglie tubolari, sacche, set per infusione, sonde rettali e gastriche, sondini ecc. (vedi allegato I) vanno inseriti all’interno del sacchetto in plastica recante il simbolo di rifiuto speciale; questo, una volta riposti anche i guanti, deve essere chiuso e inserito nel contenitore per rifiuti speciali a sua volta contenuto in un ulteriore contenitore a chiusura ermetica fissato nel vano bagagli della vettura in dotazione. Il contenitore ermetico deve poter essere facilmente rimosso dal vano bagagli per la pulizia e disinfezione. La sicurezza dell’operatore in caso di impatto deve essere tutelata, creando nel vano bagagli condizioni di sicurezza e separazione tra il bagagliaio e l’abitacolo. Sarà cura dell’operatore dotarsi di numero adeguato di buste porta rifiuti. La legislazione prevede la possibilità di stoccare provvisoriamente i rifiuti, purché in quantità inferiore a 300 litri. Non appare tuttavia opportuno utilizzare questa modalità, in quanto può essere controindicato lasciare al domicilio
rifiuti speciali che rappresentino una potenziale fonte di inquinamento dell’ambiente domestico e di pericolo per le persone conviventi. Se invece viene usato il mezzo proprio il rifiuto deve
essere stoccato presso il domicilio del cliente e raccolto da un veicolo della struttura.
Terminate le proprie medicazioni l’operatore sanitario depositerà il contenitore con i sacchetti presso il centro di raccolta, che dovrebbe trovarsi in zona facilmente raggiungibile dai mezzi e in luogo idoneo. Si ricorda inoltre che le disposizioni di cui al decreto 219 all’art. 1, comma 2 demandano ai dirigenti di struttura la responsabilità relativa a tutta la materia. Il medesimo comma, lettera a, richiama inoltre la necessità di incentivare “ l’organizzazione di corsi di formazione del personale delle strutture sanitarie sulla corretta gestione dei rifiuti sanitari, soprattutto per minimizzare il contatto dei materiali non infetti con potenziali fonti infettive e
ridurre la produzione di rifiuti a rischio infettivo”. Oltre alle norme citate è il caso di ricordare anche quelle dettate dal Decreto legislativo 626/94 all’art. 21, comma 1: “Il datore di lavoro
provvede affinché ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione su: ...” al successivo art. 22, al comma 2, continua: “la formazione deve avvenire in occasione: a) dell’assunzione; b) del
trasferimento o cambiamento di funzioni; c) dell’introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, ...”. Al comma 3 il citato decreto ribadisce la necessità dell’aggiornamento
continuo ribadendo: “la formazione deve essere ripetuta in relazione alla evoluzione dei rischi
ovvero all’insorgenza di nuovi rischi”. Inoltre dall’art. 78 e nello specifico dal comma 2, che
recita: “il datore di lavoro applica principi di buona prassi microbiologica, e adotta, in relazione ai
rischi accertati, le misure protettive e preventive di cui al presente titolo 10, adattandole alla particolarità delle situazioni lavorative”. Successivamente all’art. 79, comma 1: “in tutte le attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori
il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici”. Quindi, al comma 2: “in particolare il datore di lavoro: lettera e.: progetta adeguatamente i processi lavorativi; lettera g.: elabora idonee
procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale; lettera l: predispone i mezzi necessari per la raccolta, l’immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l’impiego di contenitori adeguati”. Inoltre all’art. 85, comma 1:
“nelle attività per le quali la valutazione di cui all’art. 78 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto riguarda: b) le precauzioni da prendere
per evitare l’esposizione; c) le misure igieniche da osservare; d) la funzione degli indumenti di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale e il loro impiego; e) il modo di prevenire il
verificarsi di infortuni e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze”. E ancora all’art. 86, comma 1: “i lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria”. Comma 2: “il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali: a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei
lavoratori che non sono già immuni all’agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente”.

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