domenica 6 febbraio 2011

Commedia all’italiana in più atti: “I rimborsi per l’espletamento del servizio di assistenza domiciliare usando il mezzo proprio se li paghi il dipendente”

Era un pò che non mi affacciavo al mio Blog, ma ce ne era bisogno. Se vero è che molte sono le aspettative  su questo setting assistenziale (ma siamo abituati alle leggi manifesto" che trattano di noi) nei prossimi mesi avremo di che parlare. Richiamo la vostra attenzione su un argomento abbastanza recente che sta mettendo a dura prova i nostri "nervi"...che ne dite?

Il D.L.n° 78/2010, convertito nella legge n° 122/2010, recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” trattando, anche delle trasferte nel pubblico impiego, all’art. 6, ultimo periodo del comma 12, dispone che “A decorrere dalla data di entrata in vigore gli articoli 15 della legge 18 dicembre 1973 n° 836 e 8 della legge 26 luglio 1978 n° 417 e relative disposizioni di attuazione non si applicano al personale contrattualizzato di cui al D.lgs. 165 del 2001 e cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi”.

L’art. 15 della legge n° 836/1973 disciplina l’utilizzo, previa autorizzazione, del mezzo privato di trasporto per attività di servizio; l’ambito di applicazione della norma è, però, differenziato dal momento che, mentre il primo comma si indirizza al personale assegnato allo svolgimento delle funzioni ispettive consentendo l’uso del mezzo proprio qualora lo stesso risulti più conveniente dei normali servizi di linea, il terzo comma, più genericamente, si rivolge, invece, al personale che debba recarsi, per ragioni di servizio, in altra località (diversa dalla ordinaria sede di lavoro) qualora l’orario dei servizi pubblici di linea sia inconciliabile con lo svolgimento della missione o nei casi in cui tali servizi manchino del tutto.

L’art. 8 della legge n°417/1878 disciplina invece la misura dell’indennità chilometrica (un quinto del prezzo di un litro di benzina super vigente al momento della missione) spettante per chilometro percorso nonchè il rimborso della spesa eventualmente sostenuta per pedaggio autostradale.

Il disposto di cui all’art. 6, ultimo periodo del comma 12, del decreto citato in premessa, perseguendo finalità di contenimento della spesa pubblica, nella sostanza mira, pertanto, non solo alla soppressione dell’uso del mezzo proprio, ma anche alla soppressione dell’indennità chilometrica, ragguagliata al prezzo della benzina, quale precedentemente prevista a titolo di rimborso forfettario delle spese sostenute per l’utilizzo del mezzo proprio. In sede di applicazione della norma anzidetta sono affiorate però non poche perplessità tant’è che parecchie amministrazioni hanno sollecitato opportuni chiarimenti in ordine alla portata applicativa del disposto.

Cosa succede nell’ambito dell’Assistenza Domiciliare?

Deve essere premesso che l’Assistenza Domiciliare è un’attività ricadente nei LEA, e dovrebbe avere una sua propria e adeguata dotazione strumentale necessaria all’espletamento della mission come lo sono gli apparecchi radiologici per il radiologo, la sala operatoria per il chirurgo, etc.. I CAD (Centri di Assistenza Domiciliare) da sempre cercano di fornire un servizio soddisfacente a fronte delle scarse risorse di personale e mezzi; in più fra buchi normativi e la cronica burocrazia pervadente la P.A., che rendono quasi una corsa ad ostacoli il raggiungimento degli obiettivi proclamati nei LEA.
Tale dotazione è ineludibile per gli infermieri stanti gli obblighi in ordine alla corretta gestione del “trasporto di materiale biologico” e dei “rifiuti speciali (materiale di medicazione, pungenti, etc.)”; quindi coloro che - appartenenti a queste figure professionali - di fatto stavano e stanno utilizzano il proprio automezzo erano e sono da considerare  potenzialmente  “fuori legge” (vedi nel blog i documenti sulla gestione dei rifiuti speciali in AD). - Per il restante personale dell’ADI: come specialisti medici della Unità Valutativa, Assistenti Sociali, Fisioterapisti, OSS, e assistenti domiciliari e dei servizi tutelari poteva fino adesso  ritenersi ammesso l’uso del proprio mezzo a fronte di una nota carenza di mezzi di servizio in dotazione alle Unità di Cure Domiciliari: con il nuovo intervento legislativo però, molte amministrazioni hanno sospeso i rimborsi o minacciano di farlo; quelle più virtuose hanno invece  trovato formule dove ammettono ancora l’uso del mezzo proprio per i servizi di assistenza domiciliare ma pretendono la sottoscrizione di moduli in cui il singolo dipendente deve lui stesso chiedere l’autorizzazione ad usare il proprio mezzo, contestualmente liberando l’Amministrazione da ogni responsabilità da quell’uso derivante.

Su tutta la faccenda mi sento di esprimere la mia opinione, ma vorrei che altri operatori del settore esprimessero anche la loro:

Prima questione: gli aspetti tecnici che seguono e che non sono la esclusiva chiave di lettura del sottoscritto sembrano far capire che molte amministrazioni pubbliche stanno con troppo zelo interpretando in maniera erroneamente estensiva la norma, rischiando di paralizzare molte attività o di renderle più costose, in palese violazione dell’art. 97 della Costituzione.  
Il danno erariale peraltro – minacciato dalla norma - non può discendere solo dal fatto che si è autorizzato l’utilizzo del mezzo proprio, ma dalla dimostrazione oggettiva che tale scelta sia stata antieconomica rispetto ad un'altra a parità di obiettivo conseguibile nell’ambito della mission istituzionale.

Seconda questione: "l'autorizzazione all'uso del mezzo proprio" non è un "favore" dell'Amministrazione al personale incaricato, ma anzi è esattamente il contrario. Difatti è il personale incaricato che garantisce la funzionalità e l'efficienza sul territorio per raggiungere posti o località non serviti da nessun mezzo pubblico o se anche serviti con risparmio sui tempi e la possibilità di fare più accessi in uno stesso giorno. Poiché non risulta che il dipendente possa essere precettato ad utilizzare il proprio automezzo e risulta invece che nessun CCNL contempli fra i requisiti il possesso e l’uso dello stesso per funzioni di servizio, laddove l’amministrazione renda la procedura complessa o vessatoria, tal che il dipendente non si renda più disponibile all’uso del proprio automezzo per servizio, questa potrebbe a modesto parere rispondere del fatto di avere del personale in organico assunto per espletare una data funzione, che però rende improduttivo  contravvenendo al già citato articolo 97 della Carta: cioè del fatto che gestisce antieconomicamente delle risorse umane.

La previsione di Legge cui ci si riferisce (Legge 18-12-1973, n. 836 “Trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali - Legge 26 luglio 1978, n. 417 “Adeguamento del trattamento economico di missione e di trasferimento dei dipendenti statali”) non è traslabile all’Assistenza Domiciliare (a ad altre attività territoriali) perché quest’ultima è un lavoro abituale svolto nella sede usuale di lavoro e non una situazione provvisoria di invio del dipendente in sede diversa per l’attuazione di particolari esigenze di servizio, vale a dire che non trattasi di  missione e trasferta. Infatti: consultando anche la documentazione del Servizio Studi del Senato sembra che la disapplicazione introdotta dal recente provvedimento legislativo concerne esclusivamente il personale adibito allo svolgimento delle precisate funzioni e non ha portata generale, non andando ad incidere sulla fattispecie del personale autorizzato all’uso del proprio automezzo per ordinarie ragioni di servizio.

il D.L. 78/2010, inappropriatamente interpretato ed estensivamente applicato quindi trascura diversi aspetti pratici che avrebbero ripercussioni negative sui cittadini fruitori dei servizi pubblici erogati.

La modulistica che prevede sia il dipendente a richiedere l’autorizzazione all’uso del mezzo proprio non è automaticamente estendibile al personale di assistenza domiciliare, sia perché l’attività non rientra nella tipologia “missione e trasferta”, sia perché l’art 15 della L. 836/73 è diretto ”AL PERSONALE CHE PER LO SVOLGIMENTO DI FUNZIONI ISPETTIVE…”, ed è quanto meno singolare che una norma renda inapplicabile qualcosa che in origine era destinato ad un tipo preciso di personale anche per altro tipo di personale: in sostanza non è assolutamente rintracciabile con quale norma era stato stabilito che, ciò che concedeva l’art. 15 al personale ispettivo, era estendibile anche a tutto il personale contrattualizzato ex Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

In sostanza se l’uso in servizio del mezzo proprio diventa un rebus (Il sole 24 ore 13 settembre 2010), consigliandosi un atteggiamento prevalentemente improntato alla “prudenza” nell'applicabilità dell'articolo 6 comma 12 del Dl 78/2010 per non mettere in grosse difficoltà le amministrazioni, sembra assolutamente più ragionevole lasciare la scelta della soluzione più favorevole e praticabile al singolo Direttore di UOC, che dovrà utilizzare i criteri previsti all’art. 97 Costituzione, in piena coscienza delle risorse disponibili in assoluto ed in relazione al momento in cui le prestazioni debbono essere erogate. L’amministrazione da parte sua dovrà vigilare alla corretta  e più economica gestione della materia attraverso gli organismi istituzionali preposti: Internal Auditing; Nuclei di Valutazione; Controlli di Gestione. I Dirigenti di dette Unità dovrebbero trasmettere gli elenchi del personale per cui è prevista questa fattispecie e l’Amministrazione dovrebbe provvedere alle debite coperture assicurative.

Cosa succede se una Amministrazione troppo zelante non  intende rimborsare ovvero mette in atto una procedura non condivisa e non accettata dal lavoratore?

In ognuno dei due casi credo logico attendersi che quest’ultimo non utilizzi più il mezzo proprio per servizio e quindi si interrompa o si riduca sensibilmente  la produttività di quel servizio.
Qui è quantomeno opportuno rilevare che per integrare il reato di interruzione di pubblico servizio di cui all'art. 340 C.P. sarebbe sufficiente che l'entità del turbamento della regolarità dell'ufficio o l'interruzione del medesimo, pur senza aver cagionato in concreto l'effetto di una cessazione reale dell'attività o uno scompiglio durevole del funzionamento, siano stati idonei ad alterare il tempestivo, ordinato ed efficiente sviluppo del servizio, anche in termini di limitata durata temporale e di coinvolgimento di uno solo settore (VI sezione penale della Corte di Cassazione nella sentenza n. 26077 depositata il 9 giugno 2004). In tal caso è legittimo chiedersi chi verrebbe chiamato a risponderne: i dipendenti che smettono di usare il proprio mezzo, o l’amministrazione che con le proprie determinazioni ha fatto cessare una disponibilità non obbligatoria per legge? Potrebbe forse essere questa una situazione tale da far trovare il lavoratore della sanità fra l’incudine e il martello?
Certo è che i sanitari sono consapevoli che i servizi penalizzati sono importantissimi  e delicati, ma fino a che punto è possibile che si sfrutti il loro senso di responsabilità e lo spirito di servizio ?
Come vedete il discorso è molto complesso, certamente ci vuole molto buon senso e cautela, come raccomandava il Sole 24 ore; certamente sarebbe necessario che il cittadino (non opportunista!) faccia sentire la propria voce, sia nel merito di una norma molto discussa per la sua mancata chiarezza, sia per la manifesta non conoscenza del legislatore di come funzionano ed operano di fatto alcuni servizi pubblici.
Dite la vostra!

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